mercoledì 17 febbraio 2016

Io e le mie ossessioni pt.2



Questo blog è nuovo, una piccola e giovane creatura del mondo interattivo, figlio di un sito internet e riassunto di una mente confusa. Ma ogni 3x2 il mio essere paranoica e perfezionista mi fa scorrere i vecchi post per controllare, nonostante siano giá pubblicati, che tutto sia in ordine: punti, virgole, layout. Tutto. Per questo, devo ammettere che facendo questo giro di correzioni mi infastidiva parecchio il post sulle mie ossessioni/Lush experience che recitava PARTE 1. Perché avevo scritto parte 1? Significava auto-indursi l'ansia di scrivere una parte 2 o 3 o 7. Ma poi ho capito, o meglio mi sono ricordata: io sono un'ossessiva, sono piena di fissazioni, maniacale quanto basta e abitudinaria. Quindi di materiale ne ho abbastanza, in abbondanza, probabilmente a sufficienza per scrivere un romanzo o per completare quei famigerati 7 post di cui parlavo prima. I libri di Harry Potter, i film inglesi con battute discutibili e politeness quanto basta. I libri, gli unicorni, la scienza e le foto. Ma soprattutto le serie televisive. Ma non banalmente le serie TV, soprattutto quelle da nerd, pigiama e risatina da ebete.

The Big Bang Theory, Scrubs e Modern Family sono il golden trio. Concise, secche e mortalmente divertenti. Nella categoria "Puoi guardarle in loop per anni". Da consumare insieme al gelato. Niente drammi, niente lacrime. Oddio per Scrubs questo non vale, che di lacrime versate a causa sua ne ho collezionate così tante da riempirci uno stadio. Le comedies brillanti con battute politicamente scorrette e gag storiche.

Poi ci sono i drammoni, per lo più medical drama i classiconi come ER, Grey's Anatomy, Chicago Fire. Quelle storie da PMS, da scatola di kleenex sul comodino che si svuota ad ogni puntata. Drammoni da morti e mutilati e bambini tristi. Serie che maledici perché uccidono, allontanano, fanno esplodere i tuoi personaggi preferiti e tirano fuori il peggio di te. Tra spoiler googlati e discussioni con amici e parenti (tratto da fin troppe storie vere) ti trascinano in un vortice che ti fa retrocedere a quando avevi 14 anni e seguivi le boy bands. Ancora non sono guarita dai cadaveri di ER. Quanto sono brava che non sto spoilerando. Quanto?

E poi le serie trash, senza senso, stupide così tanto da diventare incredibilmente esilaranti. In cui le espressioni serie suscitano solo risate e mai mai profondità di sentimenti: Pretty Little Liars, Glee, Scream Queens. Lo so, discutibilissime, ma sono guilty pleasures, come i nachos con il guacamole o la Carrot Cake: sai che li rimpiangerai, ma continui inesorabilmente a mangiarli, o in questo caso, guardarli. Scene e scenari incredibili, nel senso di non-credibili, personaggi sopra le righe ed espressioni improbabili. L'assurdo è il denominatore comune della categoria e per questo, c'è da dire che il numero deve essere limitato, altrimenti il Q.I. ne risente ed è un attimo. Di queste solitamente i personaggi che apprezzo di più sono quelli che portano la stupidità al livello master, quelli che sotto la calotta cranica hanno lo spiffero: Brittany di Glee è la regina. 

Le serie degli anni '90/2000 sono una costante, da guardare durante gli stupidissimi hiati tra un'episodio e l'altro o tra una stagione e la seguente delle serie contemporanee. Perché ammettiamolo, con queste pause a metà serie stanno tutti un po' esagerando. Quelle serie da "Rachel, ma che capelli hai?" e da spalline imbottite. Quindi, tra un Beverly HIlls 90210 (quello con Kelly e Brenda, non quello con gli amici di Paris Hilton), un sempreverde O.C. e una lacrima di nostalgia sulle battutacce di Will & Grace, la mia vita scorre saltando da un episodio all'altro, da un personaggio morto all'altro. Ovviamente questo, quando la depressione del vivere tra un capitolo e un altro del libro di Istologia diventa intollerabile. La più recente scoperta, già in voga per il resto del mondo: Sherlock (Benedict Cumberbatch unico amore).

Sì lo so, è la vita che potrebbe fare Sheldon Cooper.

M.

sabato 6 febbraio 2016

Little Italy


Una delle cose di cui ci si rende conto quando si viaggia è che ci sono 2 categorie di turisti tra quelli del tuo stesso paese d'origine: gli Italioti da evitare, cafoni, maleducati, che credono a tutti i costi nella superiorità dell'essere italici contro tutti, che criticano anche ciò che non esiste e che chiudono gli occhi di fronte a ciò che di positivo il nuovo posto ha da offrire. Poi c'è la categoria degli italiani-famiglia. Quest'ultima categoria comprende tutti i curiosi, quelli che guardano con occhi critici e sinceri ciò che stanno scoprendo e non disprezzano dove si trovano (per poi tornare a casa tronfi per "l'esperienza in questo posto pazzesco!". Senza nazionalismi, ma con una punta di consapevole orgoglio e una gran fetta di nostalgia.

Quando si vive all'estero tutto questo è irrimediabilmente amplificato dal maggior tempo che si ha a disposizione per conoscere persone, capire a fondo quelle persone nuove, analizzare il contesto e avere una visione generale a tutto campo. Solitamente però chi vive all'estero, per periodi più lunghi rispetto ad Erasmus o scambi ristretti di un anno, appartiene quasi sicuramente alla seconda categoria. L'emigrato medio (ed io parlo degli italiani per ovvi motivi, ma penso funzioni così un po' per tutti) ha voglia di farsi valere, di riscattarsi e in piccola parte di abbattere quegli stereotipi, danzando anche lui appeso ad una Wrecking Ball come quella di Miley Cyrus. L'Italiano medio all'estero, che lavori o studi, solitamente ha una gran voglia di dimostrare quell'abilità di saper fare più o meno tutto che abbiamo nel nostro DNA, magari non alla perfezione, ma c'è sempre da imparare. L'italiano medio all'estero fa parte di un'enorme famiglia che comprende qualunque altro connazionale nell'arco di 10 km, come nel più ovvio degli stereotipi.

Perchè in fondo siamo tutti così in parte.


L'altro giorno ero al Food Market nel Campus universitario: un'insieme di bancarelle di cibi multietnici che ogni tanto spunta a saziare noi topi di biblioteca. C'era di tutto: dal cinese, al thailandese, senza dimenticare l'english fish and chips e, ovviamente anche la bancarella di tiramisù e limonata di firma tricolore. Come spesso accade, alcuni ragazzi , trasferitisi qui da varie parti dello Stivale hanno iniziato da tempo un'attività di home-made food and catering (di cui la pagina Facebook qui -> CIBO). Il mercato era una delle occasioni per finanziare questa piccola impresa Made in Little Italy e mangiare, che personalmente, mi riesce veramente bene. Ed è lì che ho visto davvero come funziona tutto questo: un professore, 3 studenti, i ragazzi che vendevano, tutte persone diverse, tutte lì che mangiavano la parmigiana e la focaccia pensando alla nonna, a casa, alla fortuna e alla sfortuna. E si, l'inguaribile nostalgica sentimentalona che sono è rimasta stupita, sorpresa e felice. Mi sono sentita in famiglia, nonostante conoscessi 2 persone in croce tra quelle presenti. Perché è facile vedere solo il male quando ci si è dentro, ma è ed è difficile vedere quei pregi e difetti con occhio critico, più semplice quando si è presa distanza (purtroppo). Si può soppesare cosa è positivo, cosa no e cosa si può migliorare, soprattutto, come si può contribuire. E in fondo, in una parte molto nascosta, raggiungere la consapevolezza che quei difetti fanno parte di noi, volenti o nolenti.

M.