sabato 6 febbraio 2016

Little Italy


Una delle cose di cui ci si rende conto quando si viaggia è che ci sono 2 categorie di turisti tra quelli del tuo stesso paese d'origine: gli Italioti da evitare, cafoni, maleducati, che credono a tutti i costi nella superiorità dell'essere italici contro tutti, che criticano anche ciò che non esiste e che chiudono gli occhi di fronte a ciò che di positivo il nuovo posto ha da offrire. Poi c'è la categoria degli italiani-famiglia. Quest'ultima categoria comprende tutti i curiosi, quelli che guardano con occhi critici e sinceri ciò che stanno scoprendo e non disprezzano dove si trovano (per poi tornare a casa tronfi per "l'esperienza in questo posto pazzesco!". Senza nazionalismi, ma con una punta di consapevole orgoglio e una gran fetta di nostalgia.

Quando si vive all'estero tutto questo è irrimediabilmente amplificato dal maggior tempo che si ha a disposizione per conoscere persone, capire a fondo quelle persone nuove, analizzare il contesto e avere una visione generale a tutto campo. Solitamente però chi vive all'estero, per periodi più lunghi rispetto ad Erasmus o scambi ristretti di un anno, appartiene quasi sicuramente alla seconda categoria. L'emigrato medio (ed io parlo degli italiani per ovvi motivi, ma penso funzioni così un po' per tutti) ha voglia di farsi valere, di riscattarsi e in piccola parte di abbattere quegli stereotipi, danzando anche lui appeso ad una Wrecking Ball come quella di Miley Cyrus. L'Italiano medio all'estero, che lavori o studi, solitamente ha una gran voglia di dimostrare quell'abilità di saper fare più o meno tutto che abbiamo nel nostro DNA, magari non alla perfezione, ma c'è sempre da imparare. L'italiano medio all'estero fa parte di un'enorme famiglia che comprende qualunque altro connazionale nell'arco di 10 km, come nel più ovvio degli stereotipi.

Perchè in fondo siamo tutti così in parte.


L'altro giorno ero al Food Market nel Campus universitario: un'insieme di bancarelle di cibi multietnici che ogni tanto spunta a saziare noi topi di biblioteca. C'era di tutto: dal cinese, al thailandese, senza dimenticare l'english fish and chips e, ovviamente anche la bancarella di tiramisù e limonata di firma tricolore. Come spesso accade, alcuni ragazzi , trasferitisi qui da varie parti dello Stivale hanno iniziato da tempo un'attività di home-made food and catering (di cui la pagina Facebook qui -> CIBO). Il mercato era una delle occasioni per finanziare questa piccola impresa Made in Little Italy e mangiare, che personalmente, mi riesce veramente bene. Ed è lì che ho visto davvero come funziona tutto questo: un professore, 3 studenti, i ragazzi che vendevano, tutte persone diverse, tutte lì che mangiavano la parmigiana e la focaccia pensando alla nonna, a casa, alla fortuna e alla sfortuna. E si, l'inguaribile nostalgica sentimentalona che sono è rimasta stupita, sorpresa e felice. Mi sono sentita in famiglia, nonostante conoscessi 2 persone in croce tra quelle presenti. Perché è facile vedere solo il male quando ci si è dentro, ma è ed è difficile vedere quei pregi e difetti con occhio critico, più semplice quando si è presa distanza (purtroppo). Si può soppesare cosa è positivo, cosa no e cosa si può migliorare, soprattutto, come si può contribuire. E in fondo, in una parte molto nascosta, raggiungere la consapevolezza che quei difetti fanno parte di noi, volenti o nolenti.

M.

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